Uno dei più grossi deficit che un'utenza, un pubblico, un popolo, una comunità ha in questo periodo storico è capire la differenza tra ciò che viene detto o raccontato e i fatti che realmente accadono. I fattori che causano questa difficoltà sono due: l'innata voglia di controllo sull'informazione da parte di chi detiene il potere e il totale disinteresse nel capire una notizia, ciò da cui deriva e che cosa potrebbe realmente esserci dietro. Il primo è una componente nativa di un organo di potere. Non penso si riuscirà mai a combatterla. Chi ha il potere, chi vince, vuole raccontare la Storia a suo modo.

E' il secondo punto che mi lascia molto perplesso ultimamente. Chiunque sa a memoria i titoli del primo telegiornale della mattina. Anzi ti saluta con quella lista non con un "Buongiorno". E' quella illusoria convinzione di essere informati su ciò che sta accadendo. La malattia del terzo millennio, della Rete. In un qualsiasi istante, anche il più inutile e il meno opportuno, attacco il mio dispositivo all'etere e mi informo. In realtà imparo a memoria una scaletta appositamente preparata. Poi chiudo il mio dispositivo e torno a parlare di tette e culi per il resto della giornata. Funziona cosi. Il popolo è facile da prendere per culo e guidare. Altro che Fari che guidano le masse!

Mi correggo. non mi lascia perplesso. Mi delude profondamente. Specie quando questo atteggiamento è portato avanti con estrema convinzione da ragazzi e ragazze della mia età che si suppone dovrebbero essere le menti critiche di questo millennio. Coloro i quali attraverso mezzi che i nostri nonni non si sognavano neanche lontanamente dovrebbero far compiere quel passettino in più utile per un processo chiamato Evoluzione.

No, tutto il contrario. Si sta regredendo. Non c'è interesse personale, di conseguenze non c'è un interesse comune, e ciò porta secondo il mio modesto parere al fatto che non ci sia una coscienza civica. Una cosa che non era riuscita neanche ai sistemi totalitari è riuscita alle ultime generazioni. Alla faccia di Darwin e delle sue teorie applicate al senso comune.

Uno degli esempi più evidenti è a casa nostra, nella Val di Susa. Se ne sono scritte di tutti i colori e se ne continueranno a scrivere sulla TAV/TAC e ognuno avrà sempre e comunque la sua opinione. Ci può stare. Anzi giusto che sia così, ci staremmo ancora prendendo a "clavate" se non ci fosse la spinta verso il progresso (che perfino un capitalista come Ford sosteneva inesistente se questo non fosse stato per tutti). Ma ci sono fatti che accadono in Val di Susa e notizie che celano questi fatti per "raccontarne" altri. E tutti, come merluzzi, prendono quell'amo. Non si ha la pretesa che ciascuna persona si prenda il libello con i 150 motivi del No, che vada in valle, che si legga i Quaderni tecnici, che effettui lui stesso i carotaggi, per Diana. Abbiamo già imparato da tempo a delegare.

Però un minimo di curiosità, un minimo di interesse, di partecipazione attiva o anche passiva, è accettabile, all'argomento sarebbe necessaria. Chiedersi almeno "ma chi paga" o "perchè deve essere fatta" è il minimo. Il non plus ultra sarebbe collegare queste due domande con i politici che promuovono la TAV, come Stefano Esposito ad esempio, con le imprese che gravitano in orbite "politicentriche", per trarne le dovute conclusioni. Banali conclusioni. Anche il più liberista dovrebbe chiedersi se ci sarà, anche a lungo termine, un feedback positivo per quanto riguarda l'investimento. Se spendere miliardi di € farà guadagnare almeno un centesimo in più di quello che si è investito. 

Ma, distratti dall'informazione di "auto-regime", nessuno si pone queste domande. Si scalfisce malamente la superficie. "Bisogna isolare i violenti.." , "che i valsusini  si adattino,non possono tenere in ostaggio un paese", "E' un opera strategica…", "Ce lo chiede l'Europa", "Ci sono gli accordi internazionali". Tutte frasi che vengono dette da persona che non hanno la più pallida idea di cosa stiano parlando. Giusto perchè magari ha letto Wikipedia la sera prima. Con un cellulare da 700€. Benedetta crisi.

Ora la vittima designata sembra essere il campeggio di Chiomonte. Per alcuni illustri "poltronati" della "sinistra" piemontesi una palestra per chissà quali nuovi Gaetano Bresci (ma magari…). Stesse persone che venderebbero la madre ad un pappone pur di salvaguardare i propri interessi. Cosa che hanno già fatto alleandosi con egregi rappresentanti del neo-liberismo e delle neo-secessioni (si,..quelli del "noi abbiamo i fucili"….poi dicono dei violenti). Tali facce da culo vengono intervistate da autorevoli pennaioli sabaudi per dire e raccontare come piace a loro cosa si fa al campeggio. Tutto ovviamente falso. Ma tanto, ben consapevoli, si dicono sottovoce: "Tanto chi cazzo ce guarda".

In realtà accadono queste cose:

  • mi si avvicina un signore con una macchina bridge. Io ho la reflex che punto qua e là cercando di cogliere un pò di quel coraggio che a me manca. "Bel cannone quello li, scommetto riusciresti a vedere le galline lassù nel pollaio. Il singore è Turi Vaccaro, il "pollaio" è quella specie di area circondata da jersey, reticolato e filo spinato chiamata "cantiere". Un ameno luogo di lavoro.
  • si parli del più e del meno e di come resistere ogni giorno sulle sabbie e sui ciottoli della Dora Riparia
  • si fa la fila assieme e si lavano i piatti assieme. Si spreca meno plastica, meno detersivo, meno acqua. Sono politiche di convivenza eco-sostenibili. Non male come risposta a chi per mantenere quel cantiere spende 90000  € al giorno. non suoi. E se non sono suoi sappiamo bene di chi sono
  • si assiste a documentari o spettacoli teatrali
  • si accende un focherello per scaldarsi la notte
  • si guarda inquieti quei fari sempre accesi del cantiere
  • si gioca a pallavolo, boxe,si canta, ci si lava i panni..

In tutto ciò la cosa più "eversiva" ho visto è stato forse un cavatappi. Pericolosissimo. Verrebbe quasi da chiedersi se le famose molotov della Diaz girino ancora da qualche parte. Tanto varrebbe le riutilizzassero cosi almeno risparmiano.



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