Non che ne abbia mai preso uno. Anzi, ne sono stato sempre alla larga. Mi vengono i pizzicorini alle gambe se solo ci penso. Un po' come quando si guardano quelli che si accartocciano tra uno skate e il marciapiede.

Però me lo immagino così.

E in definitiva è stato così. Come un cazzotto inaspettato diretto sul diaframma.

Di quelli che per far passare il dolore sbatti il pugno contro il muro, sperando in un dolore più forte che attenui il primo. Di quelli che ti lasciano senza fiato e parole. 

Inaspettato però è la parola sbagliata.

Meritato è quella giusta.

Per almeno diecimila motivi. L'averle fatto del male, il non averci creduto, l'essermi allontanato, l'aver pensato come al solito solo a me stesso, l'aver nuovamente aspettato troppo. Settimane, mesi. Bastava forse un "ti va?". Per male che potesse andare si sarebbe trattato alla fine di un rifiuto, oltretutto giustificato. Per questo quel cazzotto è doppiamente meritato. Bastano meno di 5 minuti per rovinare tutto, ma mesi per rendere il tutto inevitabile.

E' stato il desiderio più grande di questi ultimi mesi, il solo pensiero realmente positivo su cui basare una serie di cambiamenti. Durante l'ultimo maledetto anno non c'è stata volta che non mi sia ripetuto le sue parole nei momenti più "bui". E io ripagai con l'indifferenza. E ho ripagato con un'attesa infinita che non avrà probabilmente una risposta. Battuto ancora una volta dalla paura della diversità e del confronto. Essere tremendamente banali nell'essere per forza "alternativi".

Ci saranno concerti quest'anno, amici, cambiamenti, viaggi. Sarà per forza di cose un anno diverso. Magari con aspetti particolarmente positivi o portatori di felicità e spensieratezza.

E se con il senno (egoista) di poi vorrei capovolgere la situazione, sono sicuro, e almeno questo è un pensiero felice, che adesso è molto più felice di quanto non lo fosse frequentando un'idiota con la mania del "lasciar andare le cose". Ed è l'unica cosa che conta.

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