Il tempo di raccogliere le idee e realizzare le tappe del miglior viaggio mai fatto. Di getto ho scritto sul Moleskine, qui provo  vedere se riesco a riordinare le immagini che ancora ho davanti.

14 Novembre: il De Gaulle mi accoglie silenzioso e deserto. Dovevo arrivare con ancora un po' di luce ma complice il solito ritardo aeroportuale mi ritrovo nelle hall illuminate solo da grossi pacchi natalizi. Solo da questo capisco che la scenografia del viaggio sarà decisamente diversa dal solito. In un attimo sono sulla Rer B, ma in un attimo mi perdo anche in un quartiere che non conosco. Dovrei trovare Rue Jacquard, minuscola traversa di Rue Oberkampf, al confine tra il Marais e Popincourt. Nulla. Parte quindi il viaggio da flaneur, se non trovo la via, giro…prima o poi arriverà, questo è il bello. Trovo subito il canale Saint Martin, lo segno mentalmente perchè da giorni lo immagino come prima tappa. Mi fa da punto di riferimento, avevo visto come ci si arrivava dall'hotel e percorrendo il percorso a ritrovo, dopo qualche traversa di troppo, arriva al Luna Parc(si è scritto così) Hotel. Come desideravo, portiere meraviglioso e alberghetto scalcinatissimo. Micro-stanza con lavandino, bagno in condivisione, scala a chiocciola scricchiolante.I pensieri italici mi abbandonano del tutto e mi tuffo direttamente nella notte parigina.

Il canale è la prima tappa. Che c'è di interessante. Se uno non è amante di architettura e urbanistica navigabile nulla. A meno che i pochi fulminati come me non si ricordino che è da una di queste passerelle che viene gettato Capodoglio. "Le fabuleux destin d'Amelie Poulain" è solo un film alla fine, con dei bei colori e una bella colonna sonora. ma è anche uno dei motivi principali per cui sono a Parigi, come sempre, e il canale ancora mancava, per cui la tappa era obbligatoria. C'è una cosa che mi colpisce subito. Sono appena le 8 di sera, e siamo a Parigi, che se non sbaglio è la città più visitata al mondo.Ci sono io in giro. Io, che vagabondo per le strade. E i Parigini ovviamente. Mancano le truppe di giapponesi, i turisti in bermuda e sandali, la solita comitiva di Italiani sguaiata. Non ci sono turisti! Le panchine sono vuote e io sto ritrovando la Parigi di Doisneau e Bresson. Giro per ogni angolo, costeggio il canale in lungo e in largo, sorridendo e vagamente compiaciuto della mia solitudine. E solo l'inizio ma la gelida Lutetia è come se desiderasse di essere percorsa in ogni via, una specie di amante. Salutata la luce dei lampioni riflessa nel canale punto dritto versa Place de la Bastille. Una grande rotonda con una colonna in mezzo. Si bello, ma è l'aria di quel 14 luglio che vorrei respirare, per cui, sebbene simbolo di un cambiamento epocale, la abbandono. 

Ogni volta che sono stato a Parigi ho saltato Place des Vosges. Ho fatto solo una volta l'errore di dare un'occhiata a Place Vendome, esclusivamente per buttare l'occhio sulla Colonna odiata dalla Commune. Ne sono fuggito. E di Place des Vosges ho sempre avuto la paura di avere la reazione simile. Ma non c'è nessuno in giro, c'è freddo ed è un mercoledì sera. E infatti eccola. Perfetta, quadrata, regolare, deserta. Solo gli "ultimi" stretti fra cartoni e sacchi a pelo con solo il brodo dei Chevaliers de Malte a riscaldare. La "Ville des Lumières" è buia stasera, Vosges completamente in penombra. In un angolo la casa di Hugo e in effetti mancherebbe solamente l'odore delle stufe a legna e carbone in questo quadro parigino. In questo momento desidererei avere una Leica 50mm, ma abbandono subito l'idea visto il numero di foto già scattate. Non desidero altro che continuare a girare angoli di strade sconosciute per tutta la notte, ma la stanchezza si inizia a far sentire. Risalgo piano verso Place de la Republique incappando prima nel Musèe Carnavalet e nel Musèe Picasso. Ovviamente chiusi e d'altra parte non sono i musei che cerco in questo viaggio. Un collettivo studentesco parigino mi rammenta che per quanto siamo nella patria delle rivoluzioni e dell'egalitè l'austerity inizia a farsi sentire anche qua prepotente.Città d'arte, lotte sull'arte ovviamente.

Mentre porto i passi verso il mio scalcinatissimo giaciglio un kebabbaro mi ricorda di quanto poco esercito il mio francese e mi impongo di non pronunciare una parola di inglese in questi giorni, né tanto meno in italiano. L'enorme cantiere di Place de la Republique mi spinge ulteriormente a riposare e decido quindi di chiudere gli occhi, già soddisfatto di queste prime ore. Potrei rimanere qui i prossimi giorni così come girare per tutta la Francia, non mi interesserebbe. E' l'idea stessa del viaggio che mi riempie testa e cuore e che mi intriga. L'idea di curiosare fra marciapiedi non conosciuti e provare a guardare negli occhi le persone che incontro per le strade e che questa città la abitano. Cercare di capire le differenze e le uguaglianze fra i nostri pensieri, desiderando di appartenere a quelli che non dovranno riprendere un aereo fra pochi giorni.

3 Replies to “Un Ratto in Francia – Parte prima: studiare da flaneur”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.